A Brescia, il 23 e 24 settembre 2025, si è tenuto un convegno dedicato al futuro degli animali dopo la sperimentazione: un confronto tra ricercatori, allevatori, istituzioni e associazioni animaliste per discutere di reinserimento e reintroduzione. Un tema che coinvolge migliaia di animali ogni anno, ma che ancora oggi incontra ostacoli, a partire dalle carenze strutturali ed economiche

Un convegno fortemente voluto, per parlare del destino di migliaia di animali di tante specie diverse. Quello di Brescia del 23 e 24 settembre 2025 è stato il primo convegno italiano in cui utilizzatori, allevatori e fornitori di animali da laboratorio si sono incontrati con autorità competenti e associazioni di protezione degli animali per parlare del destino degli animali a fine sperimentazione. Tutti gli animali, non solo primati non umani ma anche topi, ratti, zebrafish, suini eccetera: specie che rappresentano il 99,9% degli animali utilizzati in ricerca ma di cui pochi parlano.

Il convegno si è aperto con un’interessante relazione da parte dell’incaricato del Ministero della Salute, che ha ricordato come il reinserimento e la reintroduzione degli animali oggi non siano obbligatori, ma comunque fortemente raccomandati (alla normativa al riguardo abbiamo dedicato anche un approfondimento). Gli stabilimenti che usano animali a fini scientifici sono quindi stati invitati a riflettere su un piano di reinserimento/reintroduzione – anche perché, in ogni caso, non è possibile, per legge, sacrificare un animale senza un fondato motivo: molti di loro quindi possono (e devono) essere avviati a un percorso che li metta nelle condizioni di poter essere reinseriti/reintrodotti. La maggior parte degli animali (topi, ratti, zebrafish) possono essere reinseriti presso strutture autorizzate al loro mantenimento, mentre altri possono essere reintrodotti nel loro ambiente naturale o affidati a privati.

Da quando esiste un registro ufficiale dedicato agli animali reinseriti/reintrodotti (istituito 2023), risulta che circa 6.000 animali abbiano avuto questo destino, con ampia prevalenza di roditori. Si tratta comunque di appena il 5% circa degli animali utilizzati: un numero che può quindi sicuramente aumentare. In questo ambito, tuttavia, uno dei problemi principali è la mancanza di stabilimenti che li possano ospitare (affidatari). A oggi, infatti, risulta registrata una sola associazione per il reinserimento di animali da compagnia: la Collina dei Conigli ODV, con i suoi 3 centri (Genova, Torino e Monza). Altre associazioni risultano accreditate al Ministero della Salute per gestire queste procedure, ma non sono dotate di centri adatti ad accogliere gli animali. Ovviamente questa situazione rappresenta un limite importante su cui è necessario riflettere in modo collettivo.

La Collina dei Conigli, realtà ormai storica in questo ambito e alla quale abbiamo dedicato un’intervista lo scorso anno, ha ulteriormente approfondito l’argomento. Dal 2005, anno in cui è stata fondata, ha visto incrementare gradualmente il numero di animali reintrodotti ancora prima dell’entrata in vigore della normativa vigente. La possibilità di reinserire animali peraltro era già presente nella normativa precedente e alcune realtà hanno sempre fatto ricorso a questa procedura. I dati dicono che dal 2021 (anno di emanazione del Decreto Ministeriale sull’argomento) la Collina dei Conigli ha ricevuto circa 8.000 animali, il 59% da università, il 14% da istituti pubblici, il 9% da società private (in aumento per quelle che usano animali per test regolatori), il 18% da altri enti. La richiesta di accogliere animali da laboratorio è in continuo aumento, anche a fronte di una costante riduzione nel numero di animali utilizzati, ma gli spazi sono saturi – anche perché solo il 40% circa degli animali affidati alla Collina dei Conigli è poi adottata da privati.

La Lega Anti Vivisezione (LAV) si occupa invece principalmente di animali che devono seguire percorsi diversi di reintroduzione come cani, gatti e primati non-umani. Questi animali provengono da sequestri (tristemente famoso il caso di Green Hill) o da centri di ricerca che hanno chiuso le attività cedendo tutti gli animali. Si tratta di attività estremamente costose e complesse per le quali sono necessari ingenti finanziamenti.

La differenza che salta subito all’occhio e che la rappresentante della LAV ha dichiarato è che mentre la Collina dei Conigli non pone vincoli all’accettazione degli animali da reinserire, LAV accetta solo animali provenienti da strutture che decidono di chiudere le attività sperimentali definitivamente. In pratica questo significa che animali che potrebbero essere reintrodotti perché hanno terminato la fase di sperimentazione (in buone condizioni di salute) non vengono accettati dall’associazione e restano quindi nelle strutture dove sono stati testati. La ragione di questa scelta, ha spiegato rappresentate, è la volontà di non favorire la sperimentazione animale alleggerendo dalla cura degli animali non più utilizzabili le strutture utilizzatrici.

Due strategie completamente diverse: da una parte la Collina dei Conigli che decide di aiutare ogni singolo animale possibile a essere recuperato, dall’altra LAV che ritiene più utile per la propria missione non accettare animali se non da chi decide di smettere di fare ricerca in vivo. Il risultato pratico di queste posizioni è che la Collina dei Conigli recupera migliaia di animali ogni anno grazie a numerosi contatti con il mondo della ricerca, mentre LAV resta molto “isolata” e, ciò che conta di più, non si occupa di quegli animali che potrebbero essere reinseriti/reintrodotti dopo aver dato il loro contributo, se la ricerca prosegue.

Il mio personale punto di vista è che, fintanto che l’utilizzo di modelli animali è consentito e richiesto dalle normative vigenti, rimane nostro dovere morale prenderci cura di ogni singolo animale lasciando le ideologie alle spalle. Quella del reinserimento/reintroduzione deve diventare la quarta R (o la quinta, a seconda di dove si posizione il concetto di responsabilità), affiancandosi a pieno diritto alle altre tre R. Ogni animale che non viene recuperato quando possibile non riceve, a mio avviso, le cure migliori che potremmo offrirgli.

Non a caso, come ha mostrato il responsabile della Collina dei Conigli, molte realtà di ricerca collaborano con la sua associazione da almeno un decennio e la relazioni dei rappresentanti dell’Università degli Studi di Milano e dell’IRCCS-Mario Negri hanno descritto molto bene quanto tutto questo comporti un continuo incremento degli animali recuperati. In perfetto accordo con quanto detto, anche per le altre specie la collaborazione tra i centri di ricerca e le realtà che si occupano della riabilitazione degli animali è di fondamentale importanza per dare loro una seconda vita.

Per tutti, comunque, il problema principale è lo stesso: la mancanza di fondi per svolgere al meglio le attività. Le proposte sono state diverse: destinare dei fondi dei progetto di ricerca al sostegno degli animali a fine sperimentazione è stata una di queste. A mio avviso tuttavia la soluzione migliore è dare la stessa dignità a questa 4R rispetto alle altre tre e ottenere fondi dalle istituzioni, come avviene in tutta Europa, per il sostegno alle attività correlate.

Giuliano Grignaschi, portavoce di Research4Life

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