Sviluppare e attrarre il capitale umano
La ricerca italiana assiste da anni a un deflusso consistente di risorse umane, che non vede tuttavia una compensazione nell’attrazione dall’estero di personale che possegga uguali livelli di eccellenza. Una situazione questa che colloca l’Italia in una posizione di svantaggio competitivo rispetto agli altri Paesi europei: investire in ricerca, in tal senso, consente di avviare nuove indagini scientifiche, con la conseguente creazione di numerosi posti di lavoro. Obiettivo principale che bisogna porsi è quello di valorizzare il know how nazionale – che è stato in grado nel tempo di regalare al mondo scoperte scientifiche rilevanti e di qualità – , dando così vita a un sistema di specializzazione delle risorse umane che sia in grado di bilanciare il flusso di expertise tra l’Italia e gli altri Paesi, interrompendo il fenomeno della cosiddetta “fuga dei cervelli”.
In tale contesto, favorirebbero lo sviluppo e l’attrazione del capitale umano la creazione di infrastrutture tecnologiche dove possano incontrarsi domanda e offerta di lavoro nel campo della ricerca e il fornire ai giovani di qualsiasi nazionalità la possibilità di partecipare a percorsi sperimentali e di condividere e vedere valutati i propri progetti.
Programmare e pianificare le attività di ricerca
Un’attenta programmazione della ricerca, consente di conseguire molti vantaggi: tra questi, quello di evitare lo spreco di risorse favorendo l’eccellenza e di individuare nuove possibilità di investimento ampliando il ventaglio dei modelli sperimentali idonei a fornire risposte a quesiti ancora aperti.
Le attività programmate devono tuttavia essere selezionate sulla base di alcuni criteri (misurabilità, realisticità, necessarietà), e riguardare un limitato numero di progetti considerati maggiormente impattanti. In tale contesto, si propone inoltre la creazione di tavoli e gruppi di lavoro che siano in grado di delineare linee strategiche lungo le quali pensare ed individuare nuove attività di ricerca nelle quali l’Italia sia in grado di competere a livello globale.
Favorire una informazione corretta, responsabile e approfondita
Uno degli obiettivi principali che devono porsi tutti i soggetti coinvolti nel settore della ricerca è quello di promuovere e diffondere una corretta informazione scientifica. Ricerca e comunicazione si dovranno così fondere per dare vita a uno spazio educazionale all’interno del quale i cittadini possano godere di un’informazione corretta, responsabile e approfondita.
Molto spesso infatti i mass-media, puntando sulla leva emotiva, lasciano poco spazio alla voce della scienza, comportando lacune nel bagaglio di conoscenze collettive riguardanti non solo la salute ma anche l’alimentazione o l’ambiente.
La recrudescenza delle campagne contro la sperimentazione animale o episodi quali il caso Stamina, solo per fare degli esempi, hanno comportato la diffusione di informazioni non scientificamente corrette che hanno fatto prevalere opinioni basate esclusivamente sull’emotività e che hanno fatto luce sull’esigenza primaria di cui ora si sottolinea la necessità di realizzazione: l’instaurazione di un dialogo aperto tra ricercatori, mass media e cittadini.
In tale contesto, la comunità scientifica deve far sì che la sua esperienza diventi un patrimonio collettivo fruibile dall’intera cittadinanza.
Creare una rete efficace tra ricerca e industria
La ricerca consegue il suo obiettivo nel momento in cui può essere applicata: in tal senso ha il dovere di utilizzare tutti gli strumenti a propria disposizione per garantire ai pazienti l’accesso alle soluzioni terapeutiche che sono state oggetto di studio.
Per questo è necessario generare e consolidare collaborazioni con le aziende, che grazie alle proprie capacità produttive possono, ad esempio, garantire il passaggio dalla sperimentazione alla produzione e distribuzione di terapie.
Condurre una ricerca responsabile sugli animali
Gli esperimenti sugli animali rappresentano una piccola ma indispensabile parte delle attività di ricerca, configurandosi ancora oggi – in alcuni casi – come unica metodologia idonea a mostrare l’efficacia di soluzioni terapeutiche in grado di curare molte malattie altamente invalidanti (ad esempio AIDS, cancro, malaria, morbo di Alzheimer).
La sperimentazione animale rappresenta infatti, sempre in taluni casi, l’unica metodologia capace di mostrare gli effetti di un nuovo trattamento in un organismo vivente prima che venga utilizzato nell’uomo, fornendo dati sulla sicurezza delle terapie e riducendo il rischio di insorgenza di imprevisti effetti collaterali.
Chi svolge attività di ricerca deve operare, nel rispetto delle normative vigenti, affinché vengano soddisfatte una serie di condizioni – quali il rispetto del parere dei comitati etici e della regola delle 3R (replace, reduce, refine) – e agire per garantire il giusto punto di equilibrio tra diritti degli animali, bisogni dei pazienti e progresso scientifico.
Quando non è possibile ricorrere a metodologie che non prevedono l’utilizzo di animali, chi svolge attività di ricerca – con la responsabilità morale di garantire elevati standard nel trattamento degli animali stessi – deve cercare di ottenere le informazioni di cui ha bisogno dal minor numero di cavie possibile, riducendo al minimo la loro sofferenza.
Nel rispetto delle diverse sensibilità coinvolte sul tema, bisogna porsi l’obiettivo di accrescere la consapevolezza che milioni di malati sono guariti o hanno visto alleviare le proprie sofferenze anche grazie alla conduzione di studi responsabili e necessari sugli animali.