Uno studio ha identificato una proteina, LRG1, che gioca un ruolo chiave nelle fasi iniziali della retinopatia diabetica. Nei topi, bloccarne l’azione ha impedito i primi danni ai capillari della retina e ha preservato la vista. Una scoperta che apre la strada a strategie preventive, prima che la malattia diventi irreversibile

Prevenire, si sa, è sempre meglio che combattere. Però la prevenzione è possibile solo quando si sa cosa determina un problema e dove, dunque, si può agire per evitarlo. Nel caso della retinopatia diabetica, i meccanismi iniziali della patologia sono poco noti: per questa comune complicanza del diabete, infatti, non conosciamo bene i meccanismi precoci che determinano i danni all’occhio. Ora, un nuovo studio appena pubblicato su Science Translational Medicine e condotto sui topi, ha identificato una molecola con un ruolo chiave in questo processo e sulla quale potrebbe essere possibile agire per prevenire la progressione della malattia.

Dall’iperglicemia nel sangue ai danni nella retina

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, la prevalenza del diabete è sostanzialmente aumentata dal 1980 a oggi. Di questa patologia è caratterizzata da un’insufficiente produzione di insulina e/o dall’incapacità delle cellule di usare questo ormone, fondamentale per mantenere costanti i livelli di glucosio nel sangue. Di conseguenza, l’effetto principale del diabete è proprio l’iperglicemia; a cascata, si possono verificare varie complicanze in tutto l’organismo. Tra queste, i danni ai vasi sanguigni che possono portare alla retinopatia diabetica, una condizione che colpisce la retina dell’occhio e rappresenta una delle principali cause di cecità e danni alla vista nelle persone in età lavorativa, in particolare quando il diabete non è correttamente trattato.

Quale sia il meccanismo che collega l’iperglicemia ai danni nei vasi dell’occhio, però non è del tutto chiaro. Nello stadio più grave, la retinopatia è caratterizzata anche dalla formazione di nuovi vasi sanguigni nella retina (si parla infatti di retinopatia proliferante): vasi però più fragili, che possono quindi causare emorragie e portare al distacco della retina. A stimolare la formazione di nuovi vasi è soprattutto un fattore di crescita, il Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF), contro cui sono infatti dirette le terapie attuali. Queste ultime, però, agiscono solo quando il danno vascolare è già avviato. E se ci fosse un’altra molecola su cui intervenire per prevenire il danno?

LRG1 nella retinopatia diabetica

Nel nuovo studio, il gruppo di ricerca si è concentrato su una proteina nota come LRG1, già nota per il suo coinvolgimento nelle malattie vascolari dell’occhio. Il gruppo di ricerca ha studiato due diversi tipi di topo che rappresentano un modello per il diabete di tipo 1, la forma di patologia caratterizzata da un’incapacità del pancreas di produrre insulina e che si presenta in età giovanile. Il diabete di tipo 1 è anche la forma meno diffusa di diabete: ben più comune è quello detto di tipo 2, che insorge in età adulta ed è influenzato da vari fattori di rischio, legati anche allo stile di vita (tra cui in particolare il fumo, lo scarso esercizio fisico, il sovrappeso e l’obesità).

La retinopatia diabetica può presentarsi in entrambe le forme di diabete. È spontaneo chiedersi perché, allora, concentrarsi su un modello che rappresenta la forma più rara della patologia. La ragione, o meglio le ragioni, c’è eccome, ed è legata a ragioni sperimentali e di controllo dei meccanismi biologici precoci. Infatti, lavorare su topi con diabete di tipo 1 significa avere modelli nei quali la malattia è strettamente legata alla mancanza di insulina e, quindi, distinguere in modo netto gli effetti diretti dell’iperglicemia cronica sulle cellule retiniche dell’occhio, senza variabili confondenti legati alle condizioni cui spesso si accompagna il diabete di tipo 2. In altre parole, questi topi forniscono un modello in cui l’iperglicemia è la causa predominante e controllabile della retinopatia, senza l’influenza di fattori metabolici complessi. E, quindi, osservare in modo riproducibile le fasi iniziali della disfunzione microvascolare.

Il gruppo di ricerca ha condotto diverse analisi, compresi esami del tessuto retinico, test funzionali dell’occhio ed esperimenti in vitro sulle cellule provenienti da donatori umani, e ha osservato che la proteina LRG1 risulta sovraespressa, cioè più abbondante, nei topi con il diabete (e anche nelle cellule umane) nelle cellule che rivestono i capillari della retina. Questo aumento della produzione di LRG1 è innescato dall’iperglicemia, che attiva una specifica via infiammatoria; una volta prodotta in quantità elevate, LRG1 inizia a interferire con le cellule che regolano il tono e la stabilità dei capillari. Di conseguenza, il sangue scorre con più difficoltà e arriva meno ossigeno alla retina, che comincia a funzionare peggio: nei test sui topi si nota infatti un calo del segnale elettrico visivo ben prima che si manifestino i sintomi più gravi della retinopatia.

Una possibile terapia precoce per la retinopatia diabetica?

Da cui la logica domanda: è possibile agire su LRG1 per evitare il danno alla retina? Il gruppo di ricerca ha iniziato a rispondere e i suoi risultati suggeriscono che, in effetti, questa strategia rappresenti un possibile approccio per prevenire la progressione della retinopatia diabetica. Infatti, iniettando nell’occhio un anticorpo anti-LRG1, che si lega alla proteina impedendole di funzionare, sono riusciti a proteggere la retina dai primi danni, preservando il flusso sanguigno e la vista.

Certo, soprattutto per quanto riguarda le possibili terapie questi sono dati essenzialmente preliminari: serviranno altri studi per confermare quanto osservato dal gruppo di ricerca, valutare in modo completo la rilevanza clinica più ampia dei processi osservati, capire se ci sono differenze tra ciò che avviene nel diabete di tipo 1 e di tipo 2 eccetera. Ma questi risultati, come scrive lo stesso gruppo di ricerca, «Apre la possibilità di intervenire precocemente su LRG1 quando, con gli idonei esami strumentali, si osservano le caratteristiche subcliniche [cioè quelle iniziali, che ancora non danno origine a sintomi] della retinopatia». Certo, una possibilità non è ancora una cura: ma è da qui che ogni cura comincia.

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