Un nuovo studio ha sequenziato per la prima volta il genoma del ratto del cotone, modello animale chiave per lo studio del virus respiratorio sinciziale (RSV). Grazie alla trascrittomica a singola cellula, i ricercatori hanno svelato come il virus colpisce le vie respiratorie e quali molecole ne favoriscono o contrastano l’ingresso, fornendo una mappa dettagliatissima per lo sviluppo di nuove terapie e vaccini

La scelta della specie più adatta per studiare una malattia umana nei suoi processi patologici, nella risposta dell’organismo, negli effetti delle terapie candidate eccetera non è, ovviamente, casuale. E se è vero che nella decisione possono entrare aspetti pratici, come i tempi di riproduzione e la durata della vita dell’animale, oppure la facilità (o difficoltà) di stabulazione, non sono questi gli aspetti chiave nel determinare la scelta.

Scegliere quale animale usare per lo studio di una data malattia umana dipende infatti prima di tutto dalla risposta a una domanda sostanziale: quanto riproduce quella patologia? In altre parole: è a noi negli aspetti che servono per studiarla?

Al di là delle possibilità offerte dall’uso di animali geneticamente modificati, questo implica a volte ricorrete a specie più “mirate”: per esempio, per lo studio di COVID-19 sono stati molto usati anche furetti e criceti siriani.

Qualcosa di simile vale anche per il virus respiratorio sinciziale (RSV), una delle principali cause di infezioni respiratorie (e un’importante causa di mortalità) nei bambini piccoli e negli anziani. Per questo virus i comuni topi e ratti non sono i più adatti: RSV si replica poco e la malattia che sviluppano non somiglia davvero a quella umana. Da tempo, invece, i ricercatori hanno individuato nel Sigmodon hispidus o ratto del cotone un modello molto più fedele, perché l’infezione si diffonde con maggiore efficienza e provoca alterazioni nei polmoni simili a quelle osservate nei pazienti umani.

Ma finora restava in parte un mistero il motivo per cui questo roditore fosse così simile a noi nella risposta a RSV. È qui che entra in gioco il nuovo studio pubblicato su Science Translational Medicine, nella quale il gruppo di ricerca ha sequenziato per la prima volta il genoma completo del ratto del cotone e ha tracciato, cellula per cellula, come cambiano i tessuti respiratori nel corso dell’infezione.

Due parole su RSV

Isolato per la prima volta nel 1956, RSV è un virus della famiglia Pneumoviridae. Secondo il Portale europeo delle informazioni sulla vaccinazione, in UE, Norvegia e Regno Unito causa ogni anno il ricovero di 213.000 bambini al di sotto dei cinque anni e di circa 158.000 adulti. L’infezione causa sintomi lievi nella maggior parte dei casi (essenzialmente gli stessi del comune raffreddore); tuttavia, in altri casi l’infezione è grave e può avere complicanze fatali. Tra queste la bronchiolite e la polmonite, che possono richiedere il ricovero intensivo; nelle persone anziane, anch’essere più vulnerabili al RSV, particolarmente pericolose sono le complicanze legate all’aggravarsi di condizioni patologiche preesistenti, come le patologie cardiache e respiratorie.

Ecco perché molta ricerca è dedicata allo sviluppo di vaccini contro RSV. Tre sono quelli recentemente approvati in Europa, di cui uno basato sulla tecnologia dell’mRNA (ma indicato solo per le persone con più di sessant’anni).

Tuttavia, non sono stati approvati vaccini specifici per neonati o bambini nei primi mesi di vita: per loro è disponibile solo uno specifico anticorpo monoclonale, che offre quindi un’immunizzazione passiva, per proteggerli durante la loro prima stagione di RSV. Infatti la protezione infantile si ottiene indirettamente, con la vaccinazione della madre. Inoltre, la proteina F del virus (il principale target dei vaccini) cambia conformazione e presenta complessità antigeniche che hanno reso difficile ottenere risposte immuni efficaci e sicure.

Da cui la necessità di ottimizzare lo sviluppo di vaccini (ed eventualmente terapie, anche preventive) contro RSV. Per farlo, serve un buon modello animale, tanto più che di questo virus non si conoscono esattamente i meccanismi d’infezione: in particolare, non è chiaro quali siano i recettori che ne consentono l’ingresso nelle cellule.

Sigmodon hispidus come modello per RSV

Il ratto del cotone è noto da tempo come modello molto valido per lo studio di RSV, soprattutto per quanto riguarda le valutazioni di immunogenicità ed efficacia di farmaci e vaccini contro il virus. Non solo è più suscettibile all’infezione rispetto al topo, ma i sintomi che manifesta assomigliano anche di più ai nostri. Eppure, nemmeno in questo caso sono noti i meccanismi dettagliati dell’infezione; inoltre, la possibilità di capirli era complicata dalla mancanza del genoma di riferimento di questo roditore.

Finora, almeno, perché è proprio ciò che ha fatto il gruppo di ricerca nel nuovo studio. Usando tecniche di sequenziamento di seconda e terza generazione, ricercatori e ricercatrici hanno ricostruito i 26 cromosomi del ratto del cotone con una precisione mai raggiunta prima, creando così una sorta di atlante genetico che permette di capire meglio quali geni sono presenti, e come si confrontano con quelli di topo, ratto e soprattutto degli esseri umani. E, in effetti, molti geni con un ruolo nel funzionamento dei polmoni e nella risposta immunitaria hanno mostrato un’organizzazione simile a quella della nostra specie.

Inoltre, per capire quali cellule venissero infettate e come cambia la loro attività dal punto di vista genetico, il gruppo di ricerca ha usato una tecnologia di trascrittomica a singola cellula. Si tratta di un metodo che permette di analizzare, una cellula alla volta, quali geni sono “accesi” in quel preciso momento, in modo dinamico. E, per identificare i tipi cellulari che ospitano RSV durante l’infezione, hanno “catturato” i trascritti virali sempre a livello di singola cellula.

Infine, il gruppo di ricerca ha condotto una validazione funzionale, testando in vitro alcuni recettori e fattori cellulari identificati per verificarne il ruolo dell’infezione. Quest’ultimo passaggio ha permesso di confermare come alcuni recettori possano promuovere l’infezione di RSV, mentre altri non hanno mostrato alcun effetto e come, inoltre, anche alcune molecole possano promuoverla o viceversa limitarla.

Globalmente, il lavoro ha realizzato una dettagliatissima mappa “terreno di battaglia” di RSV e dell’organismo: chi entra in gioco, quali sono i punti deboli dell’ingresso del patogeno, chi viene colpito. Le informazioni essenziali, insomma, per pianificare una controffensiva terapeutica o, meglio ancora, preventiva. E, se finora si sapeva che il ratto del cotone era l’animale migliore per studiare l’infezione da RSV, ora sappiamo anche il perché, cioè ne conosciamo le somiglianze molecolari e genetiche con la nostra specie.

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