Le larve di zebrafish non sempre sbagliano perché lo stimolo è difficile: a volte scelgono di ignorarlo. Un nuovo studio su Science Advances distingue tra focus (quanto restano attente) e competenza (quanto bene usano l’informazione), mostrando che dipendono da fattori genetici e ambientali

Dallo stimolo all’azione, dall’input sensoriale al movimento. Due processi basilari, ma tutt’altro che banali se letti con le lenti delle neuroscienze. Perché è nel passaggio dall’uno all’altro che si può capire come uno stimolo diventi un’azione coerente, anche se lo stimolo è ambiguo.

Vari studi hanno quindi indagato il rapporto tra l’integrazione sensoriale e il decision-making, il processo con il quale un animale decide cosa fare successivamente allo stimolo. Ma vari elementi possono modulare questo processo: capacità cognitive, motivazione, e stato di attenzione.

Concentriamoci un attimo su quest’ultimo: in che modo influenza il processo decisionale? Da cosa può essere influenzato? Si può capire se una decisione errata dipende da uno stimolo confuso, troppo debole, oppure da un limite di attenzione?

Sono domande profonde. Cui cerca di rispondere un recentissimo studio, appena pubblicato su Science Advances, concentrato su una specie modello che abbiamo già incontrato. E che ancora una volta, nonostante le dimensioni limitate e le caratteristiche sono apparentemente semplici e distanti dalle nostre, si conferma come un animale prezioso nei campi più disparati: lo zebrafish. Anzi, sulle sue larve.

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Il gruppo di ricerca ha analizzato la risposta optomotoria, cioè la tendenza della larva di zebrafish a seguire uno stimolo visivo in movimento (punti che scorrono nello stesso verso). Il tipo di studio, come sempre avviene, contiene in sé la risposta al perché sia stato scelto proprio un determinato animale, per bizzarro possa sembrare: le larve di zebrafish, infatti, mostrano una risposta optomotoria innata, semplice ma ben definita, che le spinge a nuotare seguendo il movimento globale di punti o righe. Questo è anche un comportamento facilmente quantificabile in termini di direzione e frequenza delle bouts (nuotate a scatti), ciascuna delle quali può essere interpretata come una decisione.

Nell’esperimento, in particolare, gli stimoli visivi proposti alle larve avevano diversi livelli di coerenza: dal completo, con tutti i punti luminosi che si muovono nello stesso senso, al parziale (con metà dei punti che si muove in modo casuale), fino al nullo, in cui i punti non hanno una direzione prevalente. In questo modo il gruppo di ricerca ha potuto controllare la difficoltà del compito e, così, capire come la performance dell’animale (percentuale di risposte corrette) cambia in funzione della qualità dell’informazione disponibile. Peraltro, questo paradigma sperimentale è usato anche con altre specie, compresa la nostra, quindi i risultati ottenuti nello zebrafish possono essere confrontati con quelli ottenuti in altri animali.

I comportamenti registrati sono poi stati analizzati con due modelli statistici, uno per distinguere due stato comportamentali (attento/disattento, in base alle risposte rispettivamente corrette e quelle sbagliate, come se la larva fosse disattenta) e uno che aiutasse a spiegare i dettagli delle scelte.

Focus e competenza

I risultati di queste analisi hanno mostrato che non sempre gli errori delle larve (intesi ovviamente come la scelta di una direzione non coerente con lo stimolo visivo) dipendevano dalla difficoltà del compito. In effetti, a volte sembravano “non fare caso” agli stimoli. Per capire da cosa dipendesse questo fenomeno, hanno introdotto due variabili: il focus, cioè essenzialmente l’attenzione, e la competenza (competence), che misura quanto la larva è capace di usare bene le informazioni visive quando è attenta.

A questo punto, il gruppo di ricerca si è chiesto: ma da cosa dipendono queste variabili nei singoli individui? Cioè, perché una larva riesce a stare più attenta di un’altra – o a usare più o meno bene le informazioni sensoriali?

Quindi ha studiato due popolazioni di zebrafish allevate in condizioni differenti, così da separare almeno in parte l’effetto del background genetico da quello dell’ambiente. Ne è emerso che, se il focus è più associato a fattori genetici, la competenza è più legata a quelli ambientali; attenzione e competenza non sono quindi un “blocco unico” ma hanno basi differenti, e solo in parte possono quindi essere allenati o influenzati dall’ambiente. Questo non significa, ovviamente, che il focus sia immutabile in ogni situazione: per esempio, introducendo distrattori ambientali, anch’esso può variare.

L’attenzione dello zebrafish

C’è un altro aspetto importante che emerge dai risultati dello studio: lo switching attenzionale dello zebrafish, cioè il passaggio tra uno stato di attenzione a uno di “distrazione” è un processo attivo. Infatti, se gli errori fossero solo dovuti a rumore sensoriale, si dovrebbe registrare una curva continua di prestazioni che peggiorano quando lo stimolo è più difficile. Invece si osserva una bimodalità: in certi momenti le larve si comportano come se ignorassero del tutto lo stimolo, in altri lo seguono molto bene. Sia dai risultati delle analisi modellistiche sia da altre osservazioni, come il fatto che questo cambiamento dipenda da fattori come la presenza di stimoli salienti (e non indipendente dal contesto) porta il gruppo di ricerca a concludere che lo spostamento di attenzione non sia un caso, un semplice difetto.

«In conclusione, suggeriamo che lo switching attenzionale sia una strategia importante nel decision making dello zebrafish», scrive il gruppo di ricerca. È una conclusione tutt’altro che banale, perché nei modelli classici si tende a trattare la disattenzione come “rumore”, una variazione casuale. Se però esiste un meccanismo attivo di switching, vuol dire che il passaggio dall’attenzione alla distrazione non è solo una perdita automatica di concentrazione, ma può essere un comportamento adattivo.

E come spesso avviene, intanto, lo studio offre un quadro quantitativo, che può aiutarci a distinguere ciò che concerne l’attenzione con la cognizione. Partendo dallo zebrafish, ma non necessariamente fermandosi su questa specie.

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