I risultati di esperimenti di laboratorio mostrano effetti positivi del butirrato, un composto prodotto dal metabolismo di batteri intestinali, sulla progressione del tumore del pancreas e sulla risposta al chemioterapico gemcitabina

La somministrazione di butirrato, una molecola con proprietà antinfiammatorie prodotta da alcuni batteri intestinali, potrebbe migliorare la risposta del tumore del pancreas alla chemioterapia, attenuandone alcuni effetti collaterali. È quanto ha osservato il gruppo di ricerca di Valerio Pazienza, della Fondazione IRCCS Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo, effettuando esperimenti preclinici con cellule in coltura e topi di laboratorio. I risultati dello studio, condotto grazie al sostegno di Fondazione AIRC, sono stati pubblicati sulla rivista Biomedicine & Pharmacotherapy.

«Già da diversi anni ci occupiamo di valutare le relazioni tra il microbiota intestinale e la risposta del tumore del pancreas alla chemioterapia», spiega Pazienza. «Da studi precedenti, condotti sempre con animali di laboratorio, sapevamo che la chemioterapia modifica il profilo del microbiota intestinale, facendo aumentare i microorganismi con attività pro-infiammatorie e diminuire quelli con attività anti-infiammatoria. Sapevamo inoltre che la somministrazione di ceppi specifici di probiotici, ossia di microrganismi benefici per l’organismo, migliora alcune condizioni negli animali trattati con chemioterapia». Poiché negli animali ai quali sono somministrati questi probiotici aumenta la presenza di una molecola antinfiammatoria chiamata butirrato, il passo successivo è stato valutare l’effetto della somministrazione diretta di tale molecola.

Gli esperimenti sono stati condotti sia con cellule in coltura sia con topi con tumore del pancreas trattati con il chemioterapico gemcitabina, ad alcuni dei quali è stato fornito anche butirrato. «Rispetto agli animali che non hanno ricevuto butirrato, in quelli che l’hanno ricevuto abbiamo osservato un rallentamento della progressione della malattia, un potenziamento dell’effetto del chemioterapico e una capacità di proteggere dai danni tipicamente indotti dal farmaco». Un triplice effetto che, se confermato nei pazienti, potrebbe migliorare la loro qualità di vita durante i trattamenti e consentire anche la somministrazione di terapie più lunghe, con possibile potenziamento dell’efficacia. Come spesso accade, il lavoro con le cellule tumorali è stato fondamentale ma non sufficiente. «Neppure le cellule in coltura più simili a quelle dei pazienti riescono a riprodurre in modo adeguato la complessità dell’organismo umano», spiega Pazienza. «Solo grazie alla sperimentazione animale abbiamo potuto osservare i benefici del trattamento con butirrato sull’istologia del tumore, sulla preservazione dell’integrità della mucosa intestinale e su altro ancora. Per questo, se da un lato è molto corretto regolamentare la sperimentazione animale – proprio come si è fatto a livello nazionale e internazionale – dall’altro bisogna considerare che ulteriori restrizioni rischierebbero di comportare un forte rallentamento nei progressi della ricerca scientifica e nel trasferimento dei risultati all’ambito clinico».

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