L’hanno messa a punto ricercatori del Centro di scienze omiche dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e si basa sull’analisi in singole cellule dello stato di compattamento del DNA

Ogni cellula dell’organismo possiede gli stessi geni. È tuttavia l’espressione differenziata di quei geni a dare origine a cellule con forme e funzioni differenti, e a fare sì che una stessa cellula possa comportarsi in modo diverso in momenti diversi. Anche se i geni sono sempre gli stessi, non sono tutti trascritti e tradotti con uguale frequenza e intensità nelle proteine corrispondenti, ed è questo a fare la differenza. A queste variazioni fisiologiche possono aggiungersi alterazioni nella regolazione dell’espressione genica che possono essere responsabili dello sviluppo di malattie come il cancro o di fenomeni come la resistenza delle cellule tumorali alle terapie. Studiare in dettaglio questi processi è importantissimo per individuare nuovi bersagli terapeutici ed è ora più facile grazie a una nuova tecnica messa a punto dal gruppo di Giovanni Tonon, direttore del Centro di scienze omiche dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, che include i ricercatori Francesca Giannese, Dejan Lazarevic e Davide Cittaro. La tecnica, chiamata ScGET-seq e sviluppata grazie al sostegno fondamentale di Fondazione AIRC, è stata descritta sulla rivista Nature Biotechnology.

Con questa tecnica è possibile analizzare a livello di singole cellule lo stato della cromatina. Di cromatina sono fatti i cromosomi, le lunghe molecole di DNA strettamente avvolte attorno a proteine, il cui compattamento è necessario a far sì che tutto il materiale genetico possa stare nel piccolo nucleo della cellula. Il livello di avvolgimento, tuttavia, è variabile. Se un gene si trova in una zona molto compatta (cromatina chiusa), la sua trascrizione è impedita, mentre se la cromatina allenta il suo avvolgimento (cromatina aperta), il gene può essere espresso e quindi tradotto nella proteina corrispondente.

Combinando una proteina capace di riconoscere la cromatina aperta con una che riconosce invece la cromatina chiusa, i ricercatori hanno sviluppato una piattaforma tecnologica che permette di individuare e quantificare contemporaneamente le due forme di cromatina presenti in un determinato momento in una cellula. Hanno inoltre verificato che il rapporto relativo tra le due forme di cromatina permette di predire il comportamento delle cellule, cioè di prevedere quali geni saranno espressi e quali programmi cellulari saranno, di conseguenza, avviati. «Sono informazioni molto importanti per studiare processi dinamici come lo sviluppo embrionale, la trasformazione tumorale e lo sviluppo di resistenza ai farmaci da parte delle cellule tumorali stesse», commentano i ricercatori.

Per raggiungere questi risultati, i ricercatori hanno lavorato sia con colture di cellule in tre dimensioni (organoidi) sia con animali di laboratorio nei quali erano stati trapiantati tumori derivati da pazienti. «Stiamo lavorando molto con sistemi complementari alla sperimentazione animale, come appunto gli organoidi, ma al momento non possiamo ancora abbandonare del tutto gli esperimenti con gli animali di laboratorio», spiega Tonon. «Sono ancora fondamentali per studi, come i nostri, che riguardano sistemi non solo dinamici ma anche molto complessi, nei quali sono coinvolte cellule di diverso tipo che interagiscono con modalità ancora impossibili da riprodurre al di fuori di un organismo completo».

Lo studio è stato reso possibile dal contributo di Fondazione AIRC per diversi tipi di grant, tra cui Investigator Grants, Programmi “5 per mille” e un Accelerator Award sostenuto da AIRC e Cancer Research UK (CRUK). «Non solo AIRC ci ha dato le risorse per lavorare” sottolinea Tonon “ma il tipo di finanziamento che ha sostenuto questo studio ci ha anche dato il tempo necessario (cinque anni) per portarlo avanti lavorando anche con altri gruppi nazionali e internazionali”.

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