Sperimentazione animale

Drosophila: metodi alternativi per la ricerca biomedica

Di 13 Febbraio 2020 Febbraio 22nd, 2023 Nessun commento

Il moscerino della frutta o Drosophila melanogaster

La Drosophila melanogaster (Dem), comunemente conosciuta come moscerino della frutta, è stata studiata per più di un secolo come modello per studi di genetica (assegnati 7 premi Nobel per gli studi sulla Dem, l’ultimo dei quali nel 2017). Tuttavia, essa presenta numerose altre caratteristiche che l’hanno resa e la rendono un organismo ideale per studiare sviluppo, comportamento e neurobiologia animale e umani ma anche patologie (dalle malattie psichiatriche ai tumori, al diabete e a disturbi metabolici).

Si è dimostrato che circa il 60% di un gruppo di geni mutati, amplificati o deleti in diverse malattie umane hanno la loro controparte nella Dem e studiare i suoi geni ha permesso ai ricercatori di aggirare alcune questioni etiche legate alle ricerche che coinvolgono soggetti umani.
Il moscerino della frutta è un buon modello alternativo per lo studio di differenti tessuti e organi anche per la sua anatomia simile a quella dei mammiferi e per diverse funzioni equivalenti. Le Dem e i mammiferi normalmente hanno in comune nei loro omologhi circa il 40% delle sequenze nucleotidiche e proteiche; in alcuni domini funzionali conservati tra le due specie si arriva a più del 90%.

Il parallelismo tra il genoma della Dem e quello umano permette quindi di utilizzare questo piccolissimo insetto per esplorare lo sviluppo umano, il comportamento e le malattie genetiche. Sono numerosi i geni associati a malattie neurologiche, tumori, malattie infettive ecc., attualmente allo studio in questo insetto.

Nell’uomo il numero di condizioni patologiche e non per le quali la Dem è stata e può essere utilizzata come un modello nella ricerca biomedica (Pandey and Nichols, Pharmacological Reviews 63: 411-436, 2011 – doi: 10.1242/dmm.023762; Ugur et al., Disease Models & Mechanisms 9: 235-244, 2016 – doi:10.1242/dmm.023762; Kaun et al., Hum Genet 131: 959–975, 2012 – doi: 10.1007/s00439-012-1146-6; van Alphen and van Swinderen, Brain Res Bull. 92:1-11, 2013 – 10.1016/j.brainresbull.2011.09.007; Mirzoyan et al., Frontiers in Genetics 1 March 2019 – doi: 10.3389/fgene.2019.00051; Pandey and Nichols, Pharmacological Reviews 63: 411-436, 2011 – doi: 10.1242/dmm.023762) è sorprendente e tra esse si annoverano:

  • Alcolismo e farmaci d’abuso
  • Sindrome da X fragile (link con l’autismo)
  • Aggressività
  • Comportamento sessuale
  • Cecità
  • Labbro leporino, anencefalia, spina bifida e altri disordini del neuro-sviluppo
  • Memoria
  • Malattie neurodegenerative, Alzheimer, Parkinson, Sclerosi Laterale Amiotrofica
  • Sonno, Epilessia
  • Disturbi cognitivi, psicotici o dell’umore
  • Tumori
  • Malattie infiammatorie e/o infettive
  • Disturbi metabolici, diabete

Oltre a tutto ciò, la Drosofila si presta facilmente anche nei processi di “drug discovery” (Pandey and Nichols, Pharmacological Reviews 63: 411-436, 2011).

Nel Dipartimento di Scienze Biomediche e nel Centro Servizi di Ateneo per gli Stabulari dell’Università di Cagliari esiste un’unità di ricerca che utilizza la Drosophila melanogaster come modello per lo studio di patologie umane. Come OPBA ci si propone di potenziarne la funzionalità e allargare il suo utilizzo come modello anche agli altri gruppi di ricerca impegnati in diversi campi (Neurobiologia, Malattie psichiatriche e neurodegenerative, Tumori, Malattie metaboliche e dell’alimentazione, Disturbi del sonno, ecc.) in modo da applicare il principio delle 3R riducendo l’utilizzo dei roditori che attualmente sono gli organismi più utilizzati.

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