Reasearch4Life vuole esprimere la sua approvazione per la recente moratoria che differisce fino al 2025 il divieto d’impiegare modelli animali negli studi sulle sostanze d’abuso e gli xenotrapianti d’organo, auspicando al contempo che tali divieti possano essere definitivamente aboliti o quantomeno collegati all’effettiva disponibilità di procedure alternative. Dall’importanza fondamentale per la ricerca e per i pazienti che ne potrebbero beneficiare, alla competitività dei nostri ricercatori, fino al rischio di sanzioni inutilmente gravose – tutti aspetti che trattiamo nel seguente approfondimento – infatti, riteniamo necessario garantire che i ricercatori italiani, come i colleghi europei, possano continuare a impiegare i modelli animali laddove non siano disponibili alternative dimostratesi altrettanto valide, sicure ed efficaci

È stata di recente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge cosiddetta “Milleproroghe” che, come abbiamo scritto in un recente comunicato, è di fondamentale importanza per la ricerca biomedica italiana. La legge prevede infatti anche una proroga dell’applicazione dei divieti d’impiego dei modelli animali in studi sugli xenotrapianti d’organo e le sostanze d’abuso fino al 1 luglio 2025; i ricercatori in Italia potranno quindi continuare a lavorare in questi campi, nei quali il passaggio attraverso la sperimentazione animale è imprescindibile. Questa possibilità, oltre a evitare quella che sarebbe una grave perdita di competitività della ricerca italiana, rappresenta in ultima analisi anche e soprattutto una speranza per tutti coloro che potranno beneficiare dei risultati degli studi in questi campi.

Per questa ragione, Research4Life vuole esprimere la sua approvazione per la decisione di estendere la proroga dell’applicazione dei divieti, e al contempo la speranza che i divieti stessi possano presto essere eliminati, garantendo ai ricercatori nel nostro Paese la possibilità di lavorare con modelli alternativi a quelli animali solo se e quando tali alternative si siano dimostrate altrettanto sicure ed efficaci.

Una breve premessa: il recepimento della direttiva europea e la procedura d’infrazione a carico dell’Italia

I divieti che impediscono l’impiego dei modelli animali in studi dedicati agli xenotrapianti d’organo e alle sostanze d’abuso sono stati inseriti nel decreto legislativo del 4 marzo 2014, n. 26, che rappresenta il recepimento italiano della direttiva europea 2010/63/EU, dedicata alla tutela degli animali impiegati a scopi scientifici. «Dei 26 Paesi europei che hanno recepito la direttiva in modo integrale (e che all’epoca comprendevano la Gran Bretagna), riconoscendola come il punto d’equilibrio tra la necessità di tutelare il benessere degli animali e le necessità della ricerca scientifica e frutto di cinque anni di intenso lavoro tra tutti gli stakeholder interessati, l’Italia è l’unico ad averla stravolta», commenta Niccolò Contucci, direttore generale della Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro. «A causa di tali modifiche, l’Unione europea ha già intrapreso una procedura d’infrazione a carico dell’Italia. Pertanto, l’obiettivo finale da raggiungere è quello dell’abolizione definitiva dei divieti, che rappresenterebbe la possibilità di evitare sanzioni inutilmente gravose. Soprattutto, questo consentirebbe ai ricercatori italiani di poter continuare a lavorare in sicurezza: e questo aspetto è importante non solo in quanto beneficio alla competitività della ricerca italiana ma, ancora più rilevante, per tutte le persone malate che possono beneficiare dei risultati di tale ricerca. Non dobbiamo infatti dimenticare che il fine del lavoro portato avanti dai ricercatori in campo biomedico è dare una prospettiva terapeutica a un paziente che oggi non ce l’ha».

L’applicazione dei divieti è stata differita con cadenze spesso annuali dal 2014 (entrata in vigore della legge) a oggi: la proroga di tre anni rappresenta quindi un primo punto di successo, perché garantisce più tempo per continuare a lavorare all’obiettivo specifico della completa abolizione dei divieti, nonché alla finalità più ambiziosa del corretto recepimento dell’intera direttiva europea.

Al contempo, «Il supporto politicamente trasversale della Camera che ha permesso di ottenere una proroga di tre anni suggerisce come i parlamentari italiani stiano oggi dando attenzione alle necessità della comunità scientifica», aggiunge Contucci. Necessità che i divieti ostacolano su due campi di ricerca di fondamentale importanza, quello delle sostanze d’abuso e degli xenotrapianti d’organo: cerchiamo d’illustrare le ragioni principali degli studi condotti in questi campi.

Gli studi sulle sostanze d’abuso

L’utilizzo di animali per studiare le proprietà d’abuso dei farmaci è un argomento dibattuto nell’opinione pubblica, poiché numerosi movimenti contrari alla sperimentazione animale etichettano la pratica come “inutile” ed “egoistica” in quanto, a loro dire, avrebbe lo scopo esclusivo di studiare un “vizio” prettamente umano, ossia la dipendenza.

Tale affermazione è in realtà ampiamente contestabile. Un primo, fondamentale aspetto da considerare è infatti che la ricerca sulle proprietà d’abuso dei farmaci non riguarda esclusivamente le sostanze che vengono definite genericamente come “droghe” ma è, invece, richiesta per legge anche per consentire l’approvazione e l’immissione in commercio di nuovi farmaci che agiscono a livello del sistema nervoso centrale. Ogni farmaco in grado di superare la barriera ematoencefalica, una struttura che circonda il cervello, deve essere testato per valutarne la possibile capacità di dare assuefazione e dipendenza; tra queste sostanze sono compresi anche, per esempio, farmaci oncologici, analgesici, farmaci per i disturbi neurologici e così via.

L’applicazione definitiva del divieto di utilizzo di animali per le ricerche sui farmaci d’abuso avrebbe quindi effetti devastanti non solo per le persone che soffrono di dipendenze, ma anche per tutti coloro che soffrono di altre patologie neurologiche e psichiatriche, che vedrebbero quindi annullata la possibilità di ricevere nuove terapie più efficaci, dal momento che lo sviluppo delle stesse subirebbe un’interruzione, venendo a mancare la ricerca di tipo preclinico in questo ambito.

Va poi evidenziato che le dipendenze patologiche, al pari di altre patologie che interessano il cervello, necessitano di adeguati trattamenti e non possono essere derubricate semplicemente a “vizio tipicamente umano”. Infatti, numerose prove sperimentali dimostrano che non solo la dipendenza patologica è un fenomeno che si può manifestare anche negli animali ma che le basi neurobiologiche di questo fenomeno sono sovrapponibili tra essere umano e animali. Pertanto, la ricerca sulle proprietà d’abuso dei farmaci possiede indubbio valore scientifico, dal momento che consente di studiare e sviluppare nuove terapie per pazienti sofferenti di dipendenze da sostanze, lecite e illecite, e di dipendenze di tipo non farmacologico, tutte riconosciute come disturbi psichiatrici dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-V). 

«Per questi abbiamo accolto con estremo favore la scelta del nostro Parlamento, che ha compreso l’importanza di questa problematica rimandando al 1° luglio 2025 l’applicazione del divieto che impedisce ai ricercatori italiani di impiegare animali nella sperimentazione che riguarda lo studio delle proprietà d’abuso dei farmaci», commentano in una lettera congiunta i rappresentanti della Società Italiana di Farmacologia (SIF), della Società Italiana di Neuroscienze (SINS) e della Società Italiana di Tossicologia (SITOX). «Ringraziamo quindi tutti i Parlamentari che hanno lavorato all’approvazione di questa decisione, che contribuisce a difendere il valore della ricerca biomedica e della scienza in Italia dai rischi di possibili derive antiscientifiche che, se non arginati, potrebbero avere in futuro effetti deleteri non solo sulla salute pubblica, ma anche sullo sviluppo e sulla competitività del Paese».

Organi da altre specie

Nella sola Italia, secondo la lista di attesa del Sistema Informativo Trapianti del Ministero della Salute, i pazienti in attesa di un trapianto d’organo sono 8.280 (dati aggiornati al 25 febbraio 2022), e ancora di più risultano gli iscritti, che salgono a 9.529, perché alcuni pazienti necessitano di un trapianto combinato.

Come si può osservare dalla tabella qui riportata, i tempi d’attesa per i diversi organi, pur differenti gli uni con gli altri, sono accumunati dalla lunghezza. Purtroppo, infatti, in tutto il mondo si contano migliaia di morti ogni anno a causa dell’impossibilità di trovare organi per il trapianto perché, come Research4Life aveva già avuto modo di spiegare, in questo contesto la domanda terapeutica supera abbondantemente l’offerta: basti considerare la difficoltà a trovare donatori compatibili per evitare reazioni di rigetti che renderebbero del tutto inutile l’operazione (oltre a causare ulteriore sofferenza al paziente) e alla necessità, in molti casi, d’impiegare organi o tessuti provenienti da persone decedute. Solo pochi trapianti, e più nel dettaglio quelli di fegato, reni e midollo osseo, possono infatti avvenire con un donatore vivente.

È in questo contesto che s’inserisce la ricerca sugli xenotrapianti d’organo, ossia i trapianti che prevedono l’impiego di organi e tessuti provenienti da una specie diversa dalla nostra. Molti studi in questo campo si sono concentrati sui primati, a causa della loro elevata prossimità evolutiva con l’essere umani; la ricerca degli ultimi anni ha però evidenziato come siano i maiali i candidati più idonei per gli xenotrapianti d’organo, soprattutto in ragione delle dimensioni e strutture che sono molti simili alle nostre. La possibilità d’intervenire sugli animali con tecniche avanzate di biologia molecolare, quale l’editing genetico, potrebbe poi consentire di avere individui nei quali il DNA è stato modificato con grande precisione per limitare i problemi d’incompatibilità che potrebbero portare al rigetto dell’organo, o addirittura renderli ancora più compatibili con il nostro organismo inserendo sequenze del genoma umano.

Proprio con i maiali sono stati infatti recentemente eseguiti due xenotrapianti di successo condotti negli Stati Uniti: il primo di rene, su una donna dichiarata cerebralmente morta, e il secondo di cuore, su un paziente a rischio di vita. Sebbene sia da evidenziare come, in entrambi i casi, i risultati non siano ancora stati pubblicati e sottoposti al processo di peer-review che rappresenta il vaglio della comunità di esperti, il successo di queste due operazioni rappresenta uno straordinario traguardo per la medicina ed evidenzia l’importanza fondamentale di poter continuare gli studi in questo campo.

La ricerca sugli animali e i metodi alternativi

Come Research4Life ha ricordato più volte, la tutela del benessere degli animali non è solo un aspetto previsto dalla legge ma che sta a cuore agli stessi ricercatori. «Il profilo etico della tutela del benessere animale non sfugge a nessuno: una sofferenza inutile non è giustificabile. Non a caso, tutti i bandi di finanziamento promossi dalla Fondazione AIRC comprendono tra i requisiti necessari alla partecipazione il rispetto delle 3Rs, il principio che guida la ricerca per limitare e ridurre ovunque possibile l’impiego degli animali», commenta Contucci. «Inoltre, dobbiamo considerare il costo degli animali impiegati a fini scientifici, che nessun ricercatore vorrebbe affrontare se avesse a disposizione metodi alternativi altrettanto validi, perché implicano investimenti strutturali, di formazione, mantenimento sanitario e così via davvero impegnativi. L’impiego degli animali è però, a oggi, ancora una necessità per la ricerca biomedica – necessità ribadita dalla legge, che prevede per esempio di testare la sicurezza di un farmaco, in fase preclinica, proprio sui modelli animali -, ovunque non siano disponibili alternative dimostratesi altrettanto valide che permettano di dare le stesse garanzie di sicurezza per un nuovo farmaco, una nuova attività diagnostica, un nuovo device e qualsiasi altra molecola o strumento che debba poi essere impiegato su un essere umano».

«Per troppi anni la comunità scientifica è stata colpevolmente in silenzio sul tema della sperimentazione animale, permettendo così la divulgazione di false informazioni che hanno creato un clima di ostilità e sfiducia nei confronti dei ricercatori», conclude Giuliano Grignaschi, portavoce di Research4Life. «È confortante osservare come l’attività di apertura verso l’opinione pubblica e di costante comunicazione sul tema della sperimentazione animale attuata negli ultimi sette anni stia finalmente dando i risultati attesi, riportando il dibattito in un ambito di corretta informazione e quindi mettendo i nostri decisori politici nelle condizioni di poter effettuare scelte scientificamente ed eticamente coerenti con le necessità del paese».

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