Nel settembre 2010, il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’Unione Europea hanno emanato la direttiva 2010/63/EU sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici. Nel 2014, l’Italia ha recepito la direttiva emanando il decreto legislativo n. 26 che però, all’articolo 5 (comma 2d e 2e), nell’esercizio della delega per l’attuazione della direttiva 2010/63/UE, fa divieto di utilizzo di animali per gli esperimenti su xenotrapianti e per le ricerche su sostanze d’abuso, ponendo condizioni molto più restrittive rispetto alla Direttiva europea.

Nel 2016, la Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione (n2016/2013) nei confronti del nostro Paese per aver introdotto nella norma italiana restrizioni precedentemente assenti nell’ordinamento nazionale e fortemente penalizzati rispetto agli enti di ricerca basati in altri Stati membri, dove i limiti alla sperimentazione sugli animali non sono così stingenti.

La valutazione degli Istituti zooprofilattici di Lombardia ed Emilia-Romagna

Per risolvere conflitto fra la Direttiva europea e il Decreto legislativo italiano dal 2014 sono state disposte una serie di deroghe transitorie all’applicazione della norma che limita la sperimentazione su xenotrapianti e sostanze d’abuso. Contestualmente, è stato attribuito agli istituti zooprofilattici di Lombardia ed Emilia-Romagna il compito di effettuare una valutazione “sull’effettiva disponibilità di metodi alternativi” per la conduzione di tali studi.

La prima relazione è stata pubblicata nel 2016 ed è stata integrata poi nel 2019. I documenti evidenziano innanzitutto che gli studi sulle sostanze d’abuso sono relativi a tre ambiti principali:

  • La ricerca di base su nuovi farmaci e sostanze d’abuso che, condotta negli animali da laboratorio contribuiscono a fornire informazioni relative alle basi biologiche che sottendono lo sviluppo della tossicodipendenza, nonché a chiarire più in generale i meccanismi che sottendono a forme di dipendenza non farmacologiche, come quelle da cibo o da gioco d’azzardo.
  • La ricerca traslazionale: utilizzando modelli animali, la ricerca traslazionale si pone l’obiettivo di studiare e sviluppare nuovi trattamenti per pazienti sofferenti di un disturbo da uso di sostanze legali e/o illecite (alcool, tabacco, droghe), così come di dipendenze non farmacologiche.
  • Adempimenti di tipo regolatorio, necessari per l’approvazione e l’immissione in commercio di nuovi farmaci. Nel caso raggiungano il sistema nervoso centrale, i nuovi farmaci devono obbligatoriamente essere testati per accertare il rischio di causare dipendenza. Nel rispetto delle direttive provenienti dalle principali agenzie regolatorie del farmaco, fra cui la Food and Drug Administration americana e la European Medicines Agency europea, questi studi devono necessariamente avvalersi di modelli animali in vivo qualora non possano essere condotti in fase clinica.

L’istituto zooprofilattico di Lombardia ed Emilia-Romagna conclude la sua analisi affermando che:

alla data odierna la completa sostituzione del modello animale nello studio delle proprietà d’abuso dei farmaci non è realizzabile, in quanto non esistono metodi alternativi in grado di valutare gli effetti comportamentali e neurobiologici/psicologici indotti dall’assunzione/somministrazione di una sostanza

La relazione alle Camere del Ministero della Salute

Nel luglio 2020, il Ministero della Salute ha riportato alle Camere il parere sulle relazioni redatte dagli istituti zooprofilattici lombardi ed emiliano. Nel documento si legge:

In conclusione, qualora venisse mantenuto e non ulteriormente prorogato il divieto di sperimentazione animale sulle sostanze d’abuso a decorrere dal 1 gennaio 2021, è necessario stabilire, partendo da una puntuale definizione a livello legislativo, cosa s’intenda per sostanza d’abuso, sapendo che un divieto su tali studi potrà avere delle ripercussioni sulla ricerca sulle patologie non solo legate alla tossicodipendenza, ma anche su tutti gli studi per il controllo del dolore, per la terapia di alcune malattie neurodegenerative nelle quali i principi attivi utilizzati, come i farmaci, rientrano nella definizione di sostanze psicotrope o stupefacenti. Ciò definito, qualora il divieto fosse mantenuto, oltre a dover rispondere all’Unione Europea per l’inevitabile prosieguo della procedura di infrazione, assisteremo a una limitazione sul territorio italiano dello studio e della ricerca, riconosciuta in tutto il territorio UE, volta a garantire un sistema di cure per delle malattie i cui meccanismi d’azione comportamentali e tossicologici necessitano di ulteriori approfondimenti

Modelli animali: ancora non completamente sostituibili

Intanto, con la risoluzione del 16 settembre 2021, il Parlamento europeo si esprime su piani e azioni per accelerare la transizione verso un’innovazione non basata sull’utilizzo di animali nella ricerca, nella sperimentazione a norma di legge e nell’istruzione. La risoluzione (2021/2784(RSP), pur ponendo l’accento sulla necessità di accelerare verso la sostituzione dei metodi sperimentali in vivo a favore di tecnologie alternative sottolinea anche che  

sebbene l’obiettivo ultimo sia l’eliminazione graduale dell’uso degli animali a fini scientifici, i metodi non basati sugli animali non sono ancora disponibili in tutti i settori di ricerca scientifica; rileva inoltre che vi sono casi in cui gli esperimenti sugli animali sono tuttora necessari per acquisire conoscenze scientifiche nell’ambito della lunga ricerca di cure efficaci per talune malattie vista l’attuale assenza di metodi non basati sugli animali

In generale, tenendo conto del quadro di riferimento complessivo e considerando l’impegno della comunità scientifica a ridurre l’utilizzo degli animali da laboratorio, dobbiamo comunque prendere atto che, a oggi, la sperimentazione in vivo non può essere del tutto sostituita con metodi alternativi in vitro. Quindi,  considerate le restrizioni contenute nella norma italiana che vietano l’utilizzo dei animali da laboratorio per studi su sostanze d’abuso e xenotrapianti, e che hanno determinato l’avvio della procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese, l’auspicio di Research4Life è che la prassi delle deroghe temporanee finora utilizzata sia sostituita dall’abrogazione definitiva dei commi 2d e 2e dell’Art. 5 del decreto legislativo n.26: solo così potremo armonizzare la norma italiana con quella europea, rimuovendo la penalizzazione a cui la ricerca del nostro Paese è attualmente soggetta rispetto agli altri Stati membri.

Di Roberto Ciccocioppo (Università degli Studi di Camerino), Patrizia Romualdi (Università degli Studi di Bologna), Nicola Simola (Università degli Studi di Cagliari) e Michele Simonato (Università degli Studi di Ferrara)

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