Riportiamo i principali dati relativi all’uso di animali a fini scientifici in Italia, rilasciati dal Ministero della Salute. Si conferma un trend in calo di animali, principalmente usati per la ricerca di base e per scopi regolatori (gli usi per soddisfare le richieste legislative per la produzione e il mantenimento di sostanze sul mercato)
Negli scorsi anni abbiamo portato avanti la nostra rassegna sui principali dati riguardati l’uso di animali a fini scientifici nell’UE approfondendo le categorie di utilizzo, dopo le statistiche complessive sui numeri, le specie e la loro provenienza. Quest’anno abbiamo scelto di anticipare il focus sui dati italiani, sui quali si sono concentrati anche i media nazionali a seguito della loro recente pubblicazione in Gazzetta ufficiale, dove sono stati raccolti ed elaborati i dati per gli anni dal 2019 al 2022.
Ricordiamo che i dati per l’Italia sono raccolti dal Ministero della Salute, in particolare dall’Ufficio 6-Tutela del benessere animale, igiene zootecnica e igiene urbana veterinaria della Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari.
Gli animali e le specie usate per la prima volta in Italia
Nel nostro Paese, il numero di animali usati per la prima volta è andato diminuendo nel corso degli anni, secondo un trend osservabile già per il 2020 (e nonostante un aumento registrato nel 2021). Nel 2022 sono stati usati infatti per la prima volta 420.506 animali (di cui 292 primati), dato che viene correlato ai rallentamenti dei progetti dovuti al lockdown. Questo dato tiene in considerazione anche gli animali usati per la creazione e il mantenimento di linee geneticamente modificate (GM), che l’UE analizza a parte. Senza considerare gli animali usati per creazione/mantenimento di linee GM, il totale è di 414.898 animali usati per la prima volta: in percentuale, è il 4,9% del totale degli animali usati negli Stati membri e in Norvegia.
Tra le specie utilizzate, pur confermandosi topi, ratti e il pollame domestico le più presenti, per il 2022 si segnala un aumento di individui di zebrafish usati, prevalentemente a scopo di ricerca di base.
La provenienza degli animali usati in Italia
In accordo con quanto riportato dal report europeo, il Ministero della Salute specifica la provenienza degli animali usati a fini scientifici distinguendo tra quelli che arrivano da allevamenti registrati UE (nei quali dunque gli standard per il benessere degli animali sono quelli previsti dalla Direttiva 2020/63/EU), quelli non registrati e quelli che arrivano da altre aree del mondo, sia un Europa che altrove. Ricordiamo che gli animali provenienti da allevamenti UE ma non registrati possono essere anche, per esempio, specie di fattoria, animali selvatici e animali di famiglia (pet come cani e gatti, ma anche altri) coinvolti in studi (per esempio per il prelievo di campioni di sangue). In effetti, quasi la metà dei polli usati a fini scientifici nel 2022 proveniva da allevamenti non registrati (16.891 da allevamenti registrati vs. 16.565 da allevamenti non registrati). Come nel resto dell’UE, anche gli animali usati in Italia provengono in larga prevalenza da allevamenti registrati.
La provenienza dei primati non umani è analizzata separatamente, per le ragioni di particolare tutela previste dalla Direttiva EU (ne abbiamo parlato qui). In accordo con quanto osservato a livello europeo, gli allevamenti registrati non sono per ora in grado di assicurare un numero sufficienti di primati per le richieste del mondo scientifico; pertanto, anche per l’Italia la maggior parte dei primati usati nel 2022 è nata in Africa. I primati importati sono sostanzialmente tutti rappresentati dal macaco cinomologo (Macaca fascicularis) specie che, come avevamo spiegato, rappresenta un ottimo modello di studio per molte malattie e condizioni che interessano la nostra specie. È infatti anche il primate di gran lunga più usato in Italia: 266 individui nel 2022, su un totale di 292 primati totali; di questi, 1 soltanto proveniva da allevamenti registrati, 85 dall’Asia e i restanti 180 dall’Africa.
Finalità e gravità delle procedure
Le statistiche italiane riportano anche le categorie di utilizzo degli animali, distinte tra:
- Ricerca di base, cioè la ricerca volta ad ampliare le conoscenze a prescindere dalla loro applicazione pratica, quindi anche se non ha un collegamento immediato, per esempio, con obiettivi commerciali. Comprende, per esempio, tutti quegli studi sui meccanismi biologici del cancro e sul funzionamento dei diversi sistemi e apparati dell’organismo, ma anche le ricerche di etologia e comportamento animale;
- Ricerca applicata/traslazionale, cioè i due campi della ricerca volti all’applicazione delle conoscenze, e che si focalizza soprattutto sulla medicina umana, ma anche su quella veterinaria, sulla tossicologia e l’ecotossicologia delle sostanze;
- Uso regolatorio e produzione di routine: l’uso regolatorio comprende tutti quegli utilizzi di animali necessari per soddisfare le richieste legislative per la produzione e il mantenimento di sostanze sul mercato, comprese le valutazioni di rischio per prodotti alimentari. A livello europeo, gli usi di animali in questo campo sono necessari soprattutto per prodotti medicinali animali, seguiti da quelli veterinari. La produzione di routine comprende invece gli anticorpi e altri derivati del sangue (tra cui, per esempio, il siero fetale bovino usato per le culture cellulari);
- Protezione dell’ambiente naturale, nell’interesse della salute o del benessere degli umani o degli altri animali, cioè gli studi dedicati per esempio a inquinamento, perdita di biodiversità, o anche quelli epidemiologici sulle specie selvatiche;
- Conservazione delle specie, che comprende per esempio gli studi per migliorare la riproduzione di specie a rischio di estinzione e la conservazione degli habitat;
- Istruzione superiore o di formazione per l’acquisizione, il mantenimento o il miglioramento delle competenze professionali;
- Indagini medico-legali;
- Mantenimento di colonie GM, non utilizzati in altre procedure (quindi animali usati per la riproduzione).
Nell’UE, la maggior parte degli usi degli animali (attenzione, del numero di usi e non di individui) riguarda la ricerca di base, seguita e stretto giro da quella applicata e traslazionale. L’Italia, come avevamo già osservato negli anni scorsi, si discosta dal resto dell’UE: sebbene infatti sia sempre la ricerca di base a richiedere il maggior numero di usi di animali, al secondo posto non vi è quella applicata/traslazionale bensì l’uso a scopo regolatorio. La ragione, come avevamo spiegato in questo articolo, è che il nostro Paese è diventato uno tra i principali poli farmaceutici al mondo. A fronte di un uso molto limitato di animali rispetto ad altri Paesi europei, questo dato è indice di uno scarso investimento sulla ricerca.
Concludiamo questa rassegna sui dati italiani dando un’occhiata alla gravità delle procedure usate nei diversi progetti. Ricordiamo che, in queste stime, è considerato non solo il benessere fisico ma anche quello psicologico e che la gravità è sempre intesa come totale, cioè tiene in considerazione le diverse procedure cui è stato sottoposto l’animale durante un progetto (per esempio, se sono stati eseguiti diversi prelievi, di per sé valutati come procedure lievi, si considera una complessiva maggior gravità); per saperne di più su come sono distinte rimandiamo a questo approfondimento. Anche in questo caso, è bene prestare attenzione al fatto che i numeri riportati riguardano gli utilizzi, non gli individui.
Facendo un confronto per anni, le procedure gravi e i non risvegli hanno rappresentato sempre una minoranza degli usi (fatto salvo un aumento delle procedure gravi nel 2021).